Claudio Bissattini è nato a Roma dove vive e lavora. Pur riconoscendo l'importanza
del rapporto avuto con alcuni docenti nel corso dei suoi studi, si può definire
un autodidatta. Si è diplomato in Belle Arti nel corso di scenografia tenuto dal
Prof.Scialoja. E' stato amico e compagno di studi di quella generazione di artisti
che daranno vita alla Scuola di San Lorenzo. I suoi interessi si sono concentrati
anche su cinema e teatro nelle vesti di scenografo e costumista, fondando anche,
con alcuni amici, un gruppo teatrale di indirizzo sperimentale. Pur avendo spaziato
in vari ambiti, la pittura rimane però il suo interesse primario.
Nelle prime esposizioni si lega alle correnti pittoriche concettuali degli anni
'70, scelta che indirizzerà, in vari modi, il suo lavoro. Punti di riferimento del
suo percorso sono, a tal proposito, la collettiva del 1979 con il gruppo "Cosa Mentale"
presentata da Maurizio Fagiolo Dell'Arco, a cui fa seguito, dopo varie esposizioni,
la sala personale alla Galleria Rondanini di Roma, presentata da Emilio Villa, in
cui arricchisce la sua pittura di suggestioni espressionistico-visionarie e dove
si afferma prepotentemente il colore.
Alla metà degli anni '80 l'artista s'impone una scelta e, infrangendo una norma
consolidata, che vede il pittore figurativo spostarsi nell'astrazione, compie la
scelta opposta spostandosi verso un ambito prettamente figurativo. Esplicative di
tale scelta sono le esposizioni personali degli anni '90 di Caserta e Roma, ben
individuate dagli scritti in catalogo di Dario Micacchi, Arnaldo Romani Brizzi,
Maria Grazia Branchetti, Massimo Sgroi. Alla fine di quel decennio prende avvio
un ciclo di opere che vede come protagonista assoluta la natura, opere che sono
anche una investigazione sul procedimento pittorico adottato, chiaro omaggio al
concettuale d'inizio carriera.
Nei lavori emerge il bianco della tela che si pone in dialogo con la struttura allusiva
e con le zone dipinte, come puntualmente riscontrato nelle presentazioni in catalogo
di Marco Di Capua e Tiziana D'Acchille.
Nel 2006 l'attenzione dell'artista si sposta su nuovi soggetti. Lasciato il mondo
vegetale si passa a quello metallico/urbano. Tale scelta è motivata dalla voglia
di trovare ispirazione ed emozione in altri soggetti, pur lasciando inalterata la
struttura di fondo del quadro. I rottami si pongono in ideale dialogo con le forme
naturali precedenti da cui ereditano, in una sorta di passaggio di consegne, gli
stessi concetti, come rilevato da Lorenzo Canova in occasione della grande mostra
di Castel dell'Ovo, a Napoli, organizzata e curata da Fabio Cozzi.
Le dicotomie luce/ombra, pieno/vuoto, finito/incompiuto sono il comune denominatore
per mettere in evidenza i processi esecutivi dell'opera. Tutti i passaggi che portano
all'opera compiuta, sono messi in evidenza e sullo stesso piano, come in una sorta
di riflessione sul dipingere e, in generale, sul fare pittura figurativa oggi.